• Irène Némirovsky, Suite francese, Feltrinelli
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Irène Némirovsky, Suite francese, Feltrinelli

1941. lo scenario è quello della seconda guerra mondiale, dell’occupazione della Francia da parte dei tedeschi. Centinaia di migliaia di sfollati dalle città che cercano rifugio in luoghi più sicuri e la presenza debordante dell’occupante tedesco sempre pronto a reprimere chi osi ribellarsi. Paura, talvolta rassegnazione, spesso speranze che la guerra finisca presto, nausea per l’invasore straniero,  ma anche riconsiderazione di una presenza non solo oppressiva. Ed è la storia di una giovane sfollata e di un ufficiale tedesco che riporta la quotidianità ad una sorta di “normalità” talvolta forzata, altre volte accettata  fino a  farsene una ragione. Ragione che inizia a scoprire i soldati tedeschi come uomini e non solo come invasori. Naturalmente nemirosullo sfondo c’è la divisione della Francia, la repubblica di Vichy, l’orrendo sterminio degli ebrei che, forse, non aveva ancora in quel periodo, preso la strada definitiva dell’orrenda “soluzione finale”. La convivenza scorre tranquilla, tra sospetti, odi ma anche riconoscimento nel villaggio francese di un’umanità, quella tedesca, che comunque soffriva e  ricordava la lontananza da casa, le mogli, le madri, i figli che stavano per nascere. Pochi e semplici regali, infatti, venivano acquistati dai soldati tedeschi nei negozi del piccolo villaggio: dai libri, a oggetti che potessero ricordare il luogo nel quale avevano per un tempo non breve il soldato aveva vissuto, a qualcosa di utile per la futura mamma e il suo bambino. Le scene conclusive del romanza sono quasi la dimostrazione di che cosa voglia dire la guerra: passare dall’euforia della, seppur modesta, spensieratezza, alla preoccupazione se non tragedia, del ricevere un ordine che tutto ciò deve finire per dover rapidamente partire. Ed è così che termina la storia: i soldati, dopo la festa organizzata con tavole imbandite, orchestra, canti sotto lo sguardo degli abitanti del villaggio e dei bambini che giocano senza nulla temere, partono e anche Lucile dovrà dire addio a Bruno, l’ufficiale tedesco di cui si era innamorata. Lo fa in una situazione nella quale si sprigiona il sentimento,  ma anche la necessità di far fuggire chi, invece, voleva ribellarsi all’invasore cercando e ottenendo un lasciapassare per andare a Parigi. E’ l’inganno che fa sopravvivere in guerra, perché di guerra si tratta. Irène Némirovsky  non riuscirà mai a pubblicare questo libro che verrà dato alle stampe dalla figlia dopo la guerra. L’autrice di origini ucraine, infatti, in quanto ebrea, non riuscì a sottrarsi alla devastante carneficina della shoah: venne deportata ad Auschwitz nel luglio del 1942 e appena dopo un mese, morì. Forse i suoi carnefici furono gli stessi che, nel suo romanzo, ebbe così, possiamo dire, dolcemente descritto?

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