• Iran, Afghanistan, ….: ci sono uomini che odiano le donne
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Iran, Afghanistan, ….: ci sono uomini che odiano le donne

Quando si scende dall’aereo all’aeroporto di Teheran, lo sguardo si posa sui grandi manifesti che rappresentano l’effige di una donna, vestita secondo le regole stabilite,  dentro ad una conchiglia. La didascalia recita: “La donna è come una perla e il velo è la conchiglia che la protegge”. In sé una bella frase, compresa la considerazione della donna come una perla. Ma sotto a quelle parole e dentro a quella conchiglia c’è tutto il dramma che stanno vivendo  le donne iraniane. E forse anche buona parte del popolo, dei giovani, che rappresentano il 70% degli iraniani che hanno meno di 35 anni. Quella fragile conchiglia è il simbolo dell’oppressione, della sistematica negazione della libertà attorno alla quale la polizia morale gestisce il suo potere.

Non per perseguire reati, ma comportamenti ritenuti blasfemi, contro la religione, contro la morale, appunto. Nemmeno contro le opinioni discordi rispetto all’imposizione del regime, ma proprio contro una morale decisa e applicata da un nucleo di religiosi e della loro violenta interpretazione del corano. Per questo si uccide, si violenta, si stupra, si spara sui genitali femminili pensando che non potranno più essere madri. Si condanna a morte quella meglio gioventù che vuole uscire dall’oppressione e vivere nel loro grande paese senza la paura di potersi togliere il velo o essere visti in gruppo, ritrovarsi in qualche locale (che non esiste…)  per passare qualche momento assieme. Studiare liberamente per far crescere le loro opportunità a favore di se stesse e del loro paese. Ma non solo le sole, purtroppo. I

n Afghanistan, con una legge oppressiva, è stata eliminata la possibilità da parte delle donne di poter accedere all’Università. Coperte con burqa o cimagesomunque con abiti che le coprano per non farle vedere e nemmeno notare. Camminano come ombre nere senza alzare gli occhi per evitare di essere considerate arroganti. Si vuole violentare, oltre che i loro corpi, anche i loro sguardi, la loro bellezza considerata strumento di corruzione. Le donne non possono studiare, non possono farsi sentire, devono essere strumenti dominati da uomini che le detestano. Forse i loro mariti le amano, di sicuro  i figli sentono il loro profumo di madre, ma i violentatori del corpo e della mente, in nome di una religione fatta propria, gestita  e interpretata a piacere,  che governano quel paese, le vogliono cancellare e dominare.

Poi ci sono le donne del silenzio, quelle che non sono represse, forse, da un sistema di governo, ma da tradizioni che le relegano ai margini e ne fanno strumenti di procreazione e di godimento per uomini che fingono di amarle. Sono le donne africane. Arrivano sul barcone e rischiano la vita e, spesso la perdono, per salvare il proprio figlio. Figlio che, talvolta, ha un padre che lo accompagna e sostiene e che, spesso, è frutto di violenza subita per pagare il viaggio verso una vita migliore. Migliore del vivere in villaggi poveri dove il figlio viene portato sulle spalle dalle donne mentre lavorano nei campi, piegate e piagate dal caldo e dalla fatica. Qui gli anni corrono veloci e, le donne, invecchiano rapidamente nel corpo e nell’anima. Senza futuro.

I figli, spesso, si piangono per quel  tragico destino che non si riesce a cambiare. Solo perché non si è riuscite a fare qualche chilometro per trovare almeno qualcuno che ti avesse potuto aiutare. Donne che vivono per poter dare una speranza ai propri figli, spesso molti, talvolta troppi. I figli sono la loro immagine, la loro forza, loro stesse. Infine, donne che si ribellano dalle imposizioni che sperano e muoiono per la libertà. Donne che cercano qualche spiraglio per dare speranza a loro stesse e ai loro figli e fuggono, da un groviglio, una matassa difficile da districare. Ma ci sono anche uomini che non odiano le donne. Sono stati uccisi in Iran perché hanno manifestato con le donne, se ne sono andati dalla facoltà di medicina in Afghanistan per protesta contro la cacciata delle loro colleghe-amiche dalla facoltà, vivono con le loro e i loro figli e rischiano con e per loro. Chissà se arriveremo ad avere uomini che non odieranno più le donne.

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