Padova sta perdendo la sua anima

Padova sta perdendo la sua anima

Patrizio Bertin, presidente dell’Ascom padovana, dà una lettura della città indebolita dall’incertezza: le grandi opere languono dietro gli annunci e i proclami, manca una visione della città  che è  ripiegata su se stessa, priva di un’idea complessiva di sviluppo .  Questo per capire quale è l’anima di Padova, che si sta perdendo IMG_3236nell’incapacità di avere chiaro che cosa sia la città e la sua straordinaria vocazione operosa, solidale  e culturale.

Io aggiungo: ma cosa sarebbe la nostra città se avesse le opere annunciate ma perdesse la sua anima? La grande Università e la sua costante  capacità  innovativa aperta al mondo in un continuo annuncio di libertà di ricerca e innovazione, perché così deve essere. E poi le tante associazioni che operano per chi sta peggio, sempre pronte a stare dalla parte del più debole senza essere condizionate dalla religione o dalla provenienza. E i giovani, dimenticati se non utilizzati come slogan per dei maquillage che hanno il sapore della propaganda senza avere   ancora chiaro il loro straordinario ruolo nella nostra città, il loro entusiasmo e la  loro prospettiva sempre in divenire: l’Università, il volontariato, lo sport, la musica, l’associazionismo. E quindi, non solo spritz! Il tempo si è perso nel dileggio, nel pensare che questa città potesse essere garantita dai post provocatori su facebook del primo cittadino infarciti di insulti e volgarità di ogni sorta, se non di odio e di razzismo.

La città o è condivisa o è morta.

Questo è il senso della vita dei padovani che amano la loro città e hanno bisogno di essere assistiti bene nei momenti difficili, di prendere un autobus che sia comodo e non in ritardo, che le periferie possano essere vissute, camminare in qualche parco senza divieti, andare in bicicletta in città senza che qualcuno continui a reprimere prima di educare, poter vivere la piazza nelle regole, ma anche come Agorà cittadina, essere padovano musulmano e non sentirsi messo al muro, essere povero e sentirmi più povero perché le risorse verso chi sta peggio vengono deviate chissà dove.

Posso installare migliaia di telecamere per controllare ogni angolo della città senza trovare una città migliore; posso pensare a qualcosa di smart, senza alcuna idea di cosa sia. Una città forte negli annunci, debole nelle prospettive e drammaticamente incagliata nella sostanza. Per questo le forze positive che amano e vivono la città dovrebbero sentire il dovere di (ri)trovare quel senso comune di prospettiva creativa, di forte condivisione e cominciare a mettere qualche pietra per una città meno involgarita, più europea, più attenta ai deboli e ai giovani e rilanciarla nella prospettiva economica e culturale. Ora tutto ciò langue e il nostro punta al consenso e non alla città riempendo pagine di giornale e social delle quotidiane boutade. Non solo necessarie grandi opere, ma anche riprendere speranza e anima di questa città.  Di questo abbiamo bisogno.

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