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A scuola

La solita retorica da sempre. Ad ogni inizio di anno scolastico i vari messaggi arrivano ad alunni, insegnanti, presidi e personale per augurare un buon inizio sapendo che il futuro è nelle loro mani e quindi, cari ragazzi: “Preparatevi, affrontate la scuola con impegno, ascoltando innanzitutto voi stessi, le vostre attese; siate collaborativi BANNER_Gufocon gli insegnanti che sapranno offrirvi il massimo della loro preparazione e della loro esperienza…” e via dicendo.

Ma dopo qualche giorno, sulla scuola grava un pesante silenzio rotto solo da rivendicazioni sindacali, proteste per cattedre vuote, urla per edifici fatiscenti, mancanza di dirigenti,  per poi, pian piano assopirsi in un quasi totale oblio o, diciamo pure, dimenticanza. Questa è la scuola fino al risveglio di fine anno: per gli studenti trepidazioni per i risultati, attesa per gli esami; per gli insegnanti, quelli più giovani (?) l’attesa di una nuova assegnazione, per gli altri l’attesa di un nuovo anno scolastico.

Ma se tutto questo non ci fosse, che cosa saremmo tutti noi? Nel bene o nel male tutti siamo passati per quei banchi e, alla fine nutriamo anche un, generalmente, buon ricordo di insegnanti, bidelli, compagni che magari non vedremo mai più. Pian piano, da quei banchi e dal quelle persone che ci hanno accompagnato per anni, abbiamo immagazzinato saperi, esperienze, competenze, capacità; abbiamo iniziato a comprendere le nostre attitudini, i nostri errori ma anche a renderci conto che, infine, la vita conta e noi ne siamo protagonisti.

Purtroppo nei pensieri della politica non sempre c’è la scuola. Peccato! Sembra quasi un qualcosa di dovuto, automatico, ciclico. Certo: la tecnologia nelle classi, i nuovi modelli di apprendimento, il POF, i BES, i DSA, l’INVALSI e altre sigle (meglio non spiegare ai più), ci investono quotidianamente e aiutano. Ma ciò che non ha sigla strana ma che, per fortuna, resiste, sono quei prof., quei maestri/e che ogni sacrosanto giorno e per anni, incontrano Francesco, Ibraim, Silvia, Adelina, Jamila, e centinaia di altri ragazzi ognuno con la propria storia, la propria provenienza, cultura e religione. Questa è la scuola e  senza questo non esisterebbe. Noi siamo fortunati; molti altri no. Non disperdiamo questa nostra fortuna.

Buon inizio d’anno a tutti, ragazzi e colleghi (retorica?).

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