Solidarietà, accoglienza, integrazione come bestemmie nella nostra città?

Solidarietà, accoglienza, integrazione come bestemmie nella nostra città?

Quando parla Papa Francesco, moltissimi, credenti o meno, ascoltano, si interrogano sulle sue straordinarie parole in cui l’uomo, il debole, il povero è messo al primo posto. Molti ad indignarsi di fronte al moltiplicarsi di sofferenza delle popolazioni costrette ad emigrare, a bambini che non diventeranno mai adulti, giovani madri spazzate dalle onde, verso donne violentate nel lungo viaggio o bambini lasciati partire da soli per donnetrovare, forse, qualcuno che potrà accudirli e farli crescere in un posto migliore.

Ma alla fine delle giornate si fanno il conto dei morti e di quanti sono arrivati e redistribuiti. Per qualcuno, un’accoglienza costretta perché non si può farne a meno, per altri un’accoglienza dovuta perché comunque, il mare trasporta umanità che tende la mano. Contorsioni burocratiche con sistemi borbonici dove le regole per i richiedenti vengono applicate in maniera diseguale da nord a sud d’Italia; cooperative che, vincono gli appalti ma non gestiscono con la dovuta chiarezza e trasparenza, l’Europa che, in mezzo alla volontà di chiusura  espresse dal voto dei cittadini di alcune stati, trova soluzione spesso raffazzonate e poco produttive; l’Italia, vista la propria posizione geografica,  cerca di dare risposte con proposte all’Europa   ma senza, al momento, grandi risultati; amministratori che   urlano il loro no terrorizzando i cittadini  che non trovano a cosa aggrapparsi, a loro volta, se non nel rifiuto del diverso e nel voto verso chi decide di chiudere frontiere e magari, finestre e anche porte.

Ma, alla fine, la solidarietà così come integrazione e accoglienza, diventano un peso, chi sta peggio è un costo da sopportare e nel meccanismo della massimizzazione del profitto, anzi dei profitti economico, politico e del consenso, trovano un’attenzione marginale perché non sono un valore aggiunto al sistema attuale di chiusure. Così capita nella nostra città: tra i no, i tagli al sociale, la mancanza di progettualità, una visione miope per un futuro in  cui la città va verso il suo inesorabile invecchiamento, ci sono le persone quelle  vere. Un’etica civile tristemente assente, una considerazione della vita umana a senso unico, scelte di bilancio ragionevolmente dubbie, una visione delle religioni  escludente ed esclusiva, nutrono il rifiuto e la chiusura. Difficile coniugare solidarietà, accoglienza, integrazione oggi a Padova.  Chi ne parla e opera di conseguenza è come un bestemmiatore reietto dalla comunità.

Fortunatamente i “bestemmiatori”, trovano posto anche in altre sedi.

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