• Sagra di Camin: “Risi, bisi, fragole”. Pagine di storia negli archivi parrocchiali
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Sagra di Camin: “Risi, bisi, fragole”. Pagine di storia negli archivi parrocchiali

Si sa, gli archivi delle parrocchie sono miniere d’oro per gli storici. Vi si trovano racconti che mai potrebbero rientrare nei voluminosi libri nei quali si racconto i fatti fondamentali che molti conoscono. Sta di fatto che, a Camin, durante la sagra, esce un bollettino parrocchiale datato settembre 1966, nel quale si ricorda con dovuta precisione di particolari, quanto successo 100 anni prima, nel 1866, proprio durante la ricorrenza della festività della “Madonna della Cintura”, la festa IMG_7950 (1)tradizionale che da secoli viene celebrata a Camin, nella periferia della città. Festa che continua anche in  questi giorni con gli stessi riti, seppur con qualche “aggiornamento”. Il racconto mette insieme fede, voglia di libertà dall’invasore, determinazione di fronte al sopruso e la forza della gente semplice nel difendere ciò che li rappresenta e nel quale si riconoscono e si identificano.

Ecco il racconto così come riportato nel bollettino parrocchiale del 1966:

“Cent’anni fa la dominazione austriaca stava dando gli ultimi sbadigli anche qui nel Veneto. La nostra buona gente sapeva manifestare con fine furbizia il proprio ardente anelito di libertà e il proprio amore di patria con felici e geniali espressioni popolaresche. Mentre alla Scala di Milano, presenti le massime autorità austriache, tra un atto e l’altro gli spettatoti gridavano “Viva VERDI” e tutti capivano che l’espressione acrostica voleva dire “Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia”, per le Calli di Venezia e per le vecchie vie porticate di Padova, fruttivendoli ed erbivendoli gridavano: “Riso – bisi – fragole –“(bianco, verde e rosso, i colori della nostra bandiera). Gli austriaci, che si sentivano scottare il terreno sotto i piedi, s’insospettivano di tutto, s’innervosivano di tutto. Quindi proibite tutte le manifestazioni pubbliche, tutti i raduni, tutte le feste rionali. Poco prima della festa della Madonna della Cintura del 1866, il parroco di Camin (era Don Agostino Calvi) si vede arrivare dal Comando austriaco di Padova un “ukase” (?) perentorio: “Domenica prossima non si deve fare la processione religiosa della Madonna”.

Il Parroco raduna i capifamiglia della Parrocchia per comunicare loro l’increscioso ordine. I capifamiglia per tutta risposta decidono: “La processione si farà, la nostra Madonna la porteremo fuori anche quest’anno sulle nostre spalle come gli anni passati”. La domenica pomeriggio la Chiesa si riempie di fedeli all’impossibile: c’è tutta Camin al completo.

Intanto arriva da Padova un picchetto armato di soldati austriaci. L’ufficiale schiera i soldati all’esterno della porta maggiore della Chiesa e al Parroco e alle persone più rappresentative della Parrocchia fattesi avanti, rinnova l’intimazione: “La processione non si ha da fare!”. Il Parroco e gli altri dignitosamente ed energicamente rispondono: “La Processione si ha da fare! La nostra Madonna la portiamo fuori noi come si fa da cento e cento anni”.  In quel momento le campane intonano un segno solenne, tutta la gente si muove cantando inni alla Madonna; quattro poderosi giovanotti prendono sulle spalle la venerata antica Immagine. L’ufficiale austriaco resta attonito e un po’ smarrito davanti alla ferma e tranquilla decisione di tutto quel popolo, e all’avvicinarsi della statua della Madonna egli comanda ai suoi soldati con tedesca energia: “Presentat’arm!”. I soldati si irrigidiscono sull’attenti e presentano le armi alla Madonna…

Una pagina che mostra come la storia si sia fatta anche  attraverso le persone che non si sono sottomesse all’usurpatore e che hanno voluto difendere la propria libertà di portare in processione l’Immagine della Madonna. Immagine che, dopo secoli, i ragazzi anche oggi portano sulle spalle per le strade del paese. Naturalmente i benpensanti si chiederanno: “Perché”? Ma attorno a quell’immagine si radunano le persone, vecchie e nuove, foresti e autoctoni che abitano a Camin. Un  momento di festa, di solidarietà e di condivisione che passa anche attraverso la storia. Poi i benpensanti pensino pure ciò che vogliono.

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