PD: non possiamo più dirci come prima

di Nereo Tiso

Stiamo attraversando non un semplice guado, ma un fiume in piena che ci trascina verso chissà dove. Le ultime elezioni politiche hanno insegnato molte cose e continuano a farlo. Un vento in poppa per il Movimento 5 Stelle che, non certo a sorpresa, ha sottratto voti a tutti i partiti precedenti e si è installato in Parlamento con un insieme di persone volonterose   ma, forse, non ancora consce della difficoltà di affrontare la drammatica situazione economica, sociale, occupazionale. Ma gli italiani hanno scelto e questo è quanto. Con le tante analisi del voto, i tentativi di capire l’enorme numero di cittadini che hanno scelto M5S, non si è forse ancora in grado di intuire il fenomeno. E’ una protesta? Non solo. Sono tutti giovani? No. E via dicendo. Vedremo ora di fronte alla responsabilità di fare scelte decisive, come si comporteranno. Vedremo se metteranno a frutto le loro supposte competenze; se saranno, come dicono, puri come colombe…e non un’armata Brancaleone agli ordini del capo. Dall’altra, un PDL che, nonostante le nefandezze compiute, l’amoralità del leader, aver perso 6 milioni di voti, continua ancora ad essere presente sulla scena. Una Lista Monti che, probabilmente ha avuto meno di ciò che si aspettava. E infine il Partito Democratico, che “ha vinto ma ha perso” e ora con Bersani sta cercando, per evitare il burrone all’Italia, di costruire un governo di intesa su pochi punti da condividere. Per ora senza successo. Un’attesa talmente forte di poter arrivare a governare ha lasciato ancora una volta, amaro in bocca e delusione a tutti coloro che in questo progetto hanno creduto e credono. Un’analisi va fatta per evitare che, nel solito politichese, si dica di aver quasi vinto ma di non poter governare. Un ossimoro! Una campagna elettorale che ha visto migliaia di persone impegnate, che hanno cercato di portare il messaggio propositivo del PD a tutti, non raccogliendo quanto sperato. Se guardiamo alla storia, vediamo che il centro sinistra ha vinto solo con l’Ulivo a guida Prodi, un moderato. Vinto con le difficoltà che sappiamo. L’allegra macchina da guerra del PDS di Occhetto prima, poi Veltroni nel 2008 e infine Bersani nel 2013, non hanno portato alla vittoria. Forse la sinistra è destinata a rimanere subalterna, grande testimonianza di valori e proposte, ma non forza di governo? Si vuole concludere che il PD è un partito a visione minoritaria? Un cambiamento è necessario? Purtroppo, la fusione dei due partiti che hanno costituito il PD non è stata e non è facile perché le storie e le provenienze creano ancora divisioni e tutti coloro, e questi sono per fortuna molti, che hanno scelto il PD distaccati da qualsiasi precedente logica di appartenenza, non hanno la forza necessaria per cambiare. Troppo appoggiato su un’organizzazione autoreferenziale, gravata dal peso di un sistema che si è perpetuato nel tempo piegata verso quella componente maggioritaria al momento della fusione rappresentata da ex DS. Tanto che il partito è considerato un partito di “sinistra” e non di “centro sinistra” come avrebbe dovuto essere o, meglio, come io ritenevo (Ulivo docet…). Questo a molti del mondo moderato, sicura maggioranza nel nostro paese, crea diffidenza nonostante il rinnovamento e il ringiovanimento dei deputati. Diffidenza che si cela dietro al sospetto che non ci sia volontà di vero cambiamento di quel sistema fatto di organismi e funzionari. Non a caso, nonostante il forte impegno per le primarie a doppio turno, le “parlamentarie”  e aver mosso milioni di persone non si è riusciti a convincere   come si auspicava, a vincere.  Forse la supponenza culturale, talvolta anche lo snobismo, il voler parlare chiaro ma troppo difficile per i più, voler avere la struttura perché assolutamente necessaria ma, a questo punto,  poco efficiente, ha fatto sì che facessimo grande testimonianza ma che non governassimo. Eppure il nostro programma era il più credibile, il più realizzabile, ma ciò è stato nascosto dai messaggi immediati, forti di Grillo e del M5S che hanno fatto breccia nella rabbia viscerale di 8  milioni e mezzo di italiani. Due grandi momenti entusiasmanti abbiamo vissuto nella breve storia del PD: la sua fondazione e le primarie di coalizione. Non abbiamo però saputo cogliere la straordinaria vivacità che si era creata attorno a questi due momenti ancora una volta con la nostra supponenza da presunti numeri primi. Il movimento di Grillo dimostra come le persone non possono essere più considerate fedeli: cambiano con rapidità il proprio, senza remore e senza bisogno di grandi strutture che indichino loro la direzione. Non esistono più gli elettori incollati alla bandiera e di questo non si può non tenerne conto (vedi Diamanti su Repubblica del 11 marzo: il 40% degli operai ha votato per Grillo il 21,7 per PD; ) La storia sta veramente cambiando e i partiti, almeno così come pensati finora, stentano a capirlo. Credo che di fronte alle pesanti sconfitte nella battaglia per le politiche pensando di averla vinta a priori, generali e luogotenenti dovrebbero prenderne atto per un radicale rinnovamento e cambiamento . Se seguitassimo solo  a gestire la sconfitta avremmo segnato la nostra fine impietosa.  Quindi al PD chiedo di ripartire, rinvigorire, cambiare, ristrutturare; aprire porte e finestre lavorare per convincere  i lontani e non solo i fedeli; aggregare sapendo che non tutto ciò che nuovo è buono ma che rinnovare e cambiare aiuta a migliorare ciò che è buono. Un lavoro  ciclopico, ma possibile.

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