Francesco Selmin, Nessun Giusto per “EVA”, ed. Cierre
di Nereo Tiso
Talvolta si conosce la grande storia, quella lontana dal proprio paese, dalla propia città, ma non si conosce quella sotto casa. A Vo’ Euganeo, poco dopo l’8 settembre 1943, e precisamente nel dicembre ’43 venne aperto un campo di concentramento per gli ebrei di Padova. Da lì partirono nel luglio del 1944, verso Bolzano o Trieste tutti i circa 70 ebrei catturati in quei pochi mesi ai quali se ne aggiunsero altri. Di questi 65 morirono ad Auschwitz poco dopo. Solo tre, due donne e un uomo tornarono perché trasferite a Mauthausen. Un’unica bambina a Vo’ era riuscita a nascondersi e a sfuggire momentaneamente alla cattura. Venne portata dalla prorietaria della villa alle suore e, da queste, per paura di ritorsioni, ai carabinieri. Dopo poco, seguì la fine degli altri. Una storia triste, come migliaia di altre, passata spesso nell’indiferenza e nel silenzio. C’era molto altro a cui pensare e nemmeno alla fine della guerra ci si accorgeva che mancava qualcuno dal paese (per es: la negoziante di Este assieme alla figlia) pensando se ne fosse andato per un periodo. In sostanza, queste persone erano invisibili. La memoria storica la si ha soprattutto dal racconto del parroco di Vo’ che si occupava delle commissioni ricevute dagli ebrei; portava loro, assieme alle suore elisabettina, qualcosa in più da mangiare ripsetto al misero rancio che veniva servito. Anche al campo, prima dell’arrivo delle SS, un comandante, Lepore, si distinse per la sua umanità verso i prigionieri. A poco servì, visto che i nazisti lo accusarono di essere lassista. Scrive alla fine del suo diario il parroco di Vo’: “dalla gente di qui e dal popolo italiano non imbevuto da idee fasciste i maltrattamenti erano disapprovati”. Purtroppo gli ebrei di Padova furono obbligati dal altri a morire.
questi 65 morirono ad Auschwitz poco dopo. Solo tre, due donne e un uomo tornarono perché trasferite a Mauthausen. Un’unica bambina a Vo’ era riuscita a nascondersi e a sfuggire momentaneamente alla cattura. Venne portata dalla prorietaria della villa alle suore e, da queste, per paura di ritorsioni, ai carabinieri. Dopo poco, seguì la fine degli altri. Una storia triste, come migliaia di altre, passata spesso nell’indiferenza e nel silenzio. C’era molto altro a cui pensare e nemmeno alla fine della guerra ci si accorgeva che mancava qualcuno dal paese (per es: la negoziante di Este assieme alla figlia) pensando se ne fosse andato per un periodo. In sostanza, queste persone erano invisibili. La memoria storica la si ha soprattutto dal racconto del parroco di Vo’ che si occupava delle commissioni ricevute dagli ebrei; portava loro, assieme alle suore elisabettina, qualcosa in più da mangiare ripsetto al misero rancio che veniva servito. Anche al campo, prima dell’arrivo delle SS, un comandante, Lepore, si distinse per la sua umanità verso i prigionieri. A poco servì, visto che i nazisti lo accusarono di essere lassista. Scrive alla fine del suo diario il parroco di Vo’: “dalla gente di qui e dal popolo italiano non imbevuto da idee fasciste i maltrattamenti erano disapprovati”. Purtroppo gli ebrei di Padova furono obbligati dal altri a morire.
Da lì partirono nel luglio del 1944, verso Bolzano o Trieste tutti i circa 70 ebrei catturati in quei pochi mesi ai quali se ne aggiunsero altri. Di questi 65 morirono ad Auschwitz poco dopo. Solo tre, due donne e un uomo tornarono perché trasferite a Mauthausen. Un’unica bambina a Vo’ era riuscita a nascondersi e a sfuggire momentaneamente alla cattura. Venne portata dalla prorietaria della villa alle suore e, da queste, per paura di ritorsioni, ai carabinieri. Dopo poco, seguì la fine degli altri. Una storia triste, come migliaia di altre, passata spesso nell’indiferenza e nel silenzio. C’era molto altro a cui pensare e nemmeno alla fine della guerra ci si accorgeva che mancava qualcuno dal paese (per es: la negoziante di Este assieme alla figlia) pensando se ne fosse andato per un periodo. In sostanza, queste persone erano invisibili. La memoria storica la si ha soprattutto dal racconto del parroco di Vo’ che si occupava delle commissioni ricevute dagli ebrei; portava loro, assieme alle suore elisabettina, qualcosa in più da mangiare ripsetto al misero rancio che veniva servito. Anche al campo, prima dell’arrivo delle SS, un comandante, Lepore, si distinse per la sua umanità verso i prigionieri. A poco servì, visto che i nazisti lo accusarono di essere lassista. Scrive alla fine del suo diario il parroco di Vo’: “dalla gente di qui e dal popolo italiano non imbevuto da idee fasciste i maltrattamenti erano disapprovati”. Purtroppo gli ebrei di Padova furono obbligati dal altri a morire.
uganeo, poco dopo l’8 settembre 1943, e precisamente nel dicembre ’43 venne aperto un campo di concentramento per gli ebrei di Padova. Da lì partirono nel luglio del 1944, verso Bolzano o Trieste tutti i circa 70 ebrei catturati in quei pochi mesi ai quali se ne aggiunsero altri. Di questi 65 morirono ad Auschwitz poco dopo. Solo tre, due donne e un uomo tornarono perché trasferite a Mauthausen. Un’unica bambina a Vo’ era riuscita a nascondersi e a sfuggire momentaneamente alla cattura. Venne portata dalla prorietaria della villa alle suore e, da queste, per paura di ritorsioni, ai carabinieri. Dopo poco, seguì la fine degli altri. Una storia triste, come migliaia di altre, passata spesso nell’indiferenza e nel silenzio. C’era molto altro a cui pensare e nemmeno alla fine della guerra ci si accorgeva che mancava qualcuno dal paese (per es: la negoziante di Este assieme alla figlia) pensando se ne fosse andato per un periodo. In sostanza, queste persone erano invisibili. La memoria storica la si ha soprattutto dal racconto del parroco di Vo’ che si occupava delle commissioni ricevute dagli ebrei; portava loro, assieme alle suore elisabettina, qualcosa in più da mangiare ripsetto al misero rancio che veniva servito. Anche al campo, prima dell’arrivo delle SS, un comandante, Lepore, si distinse per la sua umanità verso i prigionieri. A poco servì, visto che i nazisti lo accusarono di essere lassista. Scrive alla fine del suo diario il parroco di Vo’: “dalla gente di qui e dal popolo italiano non imbevuto da idee fasciste i maltrattamenti erano disapprovati”. Purtroppo gli ebrei di Padova furono obbligati dal altri a morire.