• Due mamme, due papà…
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Due mamme, due papà…

Qualche giorno fa due sindaci hanno iscritto all’anagrafe del proprio comune il genitore che, in una coppia dello stesso sesso, non era considerato né padre né madre ma solo partner del genitore biologico o legalmente ritenuto tale. Quindi quei bambini all’anagrafe, avranno “due padri” o “due madri”.

Se la precedenza assoluta va alla tutela del minore, qualche riflessione, comunque, penso sia doverosa. Si tratta, per quanto possibile, di capire. Naturalmente,  siamo in una situazione particolare che vede coppie dello stesso sesso soddisfare il desiderio di paternità o maternità  utilizzando tecniche riproduttive che ormai sono conosciute e da tempo sperimentate.

IMG_3372Da una parte coppie di donne omosessuali che si recano in paesi esteri, più facilmente europei,  e si fanno fecondare utilizzando gli spermatozoi depositati presso la banca del seme da soggetti terzi.  Dall’altra, coppie maschili che intraprendono un viaggio più complesso affidandosi alla tecnica conosciuta come maternità surrogata o “utero in affitto”. Diversi sono i costi come diverse sono le agenzie e i paesi che offrono queste opportunità.

I prezzi per una maternità surrogata  vanno da 30/50.000 euro (dipende dai servizi richiesti) per Ucraina, Russia e India fino a 130/150.000 euro per Canada e Stati Uniti. A queste vanno aggiunte le spese di viaggio e  i costi di eventuali imprevisti. In tutto ciò è compresa, a detta delle organizzazioni, la certezza che  il bambino nascerà “certamente” sano. Le conseguenze di tale certezza le possiamo solo immaginare.

Non  sono certo pratiche a portata di tutte le tasche. Di certo, e qui credo stia la questione, penso una riflessione vada fatta per  gli strumenti e i meccanismi utilizzati per far nascere un bambino e sulla situazione in cui il bambino verrà a trovarsi. Queste coppie, di fatto, scelgono che il loro figlio abbia una madre che l’avrà partorito e che non conoscerà probabilmente mai (vedi coppia maschile), oppure un padre che, avrà biologicamente contribuito alla sua nascita ma che, a sua volta, molto probabilmente, non potrà mai incontrare (vedi coppia femminile).

Il mercimonio della nascita con l’utilizzo degli spermatozoi di perfetti sconosciuti o di corpi di altre donne sfruttandone la debolezza economica e culturale, credo debba far riflettere e ripensare al ruolo della donna nella maternità e a questi strumenti procreativi. Se il corpo delle donne diventa un sistema di riproduzione meccanico a pagamento, c’è qualcosa di eticamente impensabile e umanamente fuorviante.

Senza contare che le donne vengono scelte dai potenziali “clienti” attraverso la visione delle loro foto e del loro curriculum come se queste dovessero essere assunte con un contratto a tempo determinato o a “progetto”. Non credo che questo sia il risultato di anni di battaglie delle donne per i diritti e la parità. Al bambino nato da maternità surrogata o attraverso inseminazione eterologa, viene poi preclusa a priori, una delle due figure che, da sempre, hanno costituito l’elemento fondante l’educazione di ognuno di noi. Ciò non toglie che il bambino nato con queste tecniche non debba essere comunque soggetto di attenzione, educazione, cura straordinaria come ogni bambino.

Mi sembra troppo ostentato un inesistente “diritto” ad avere un figlio,  mentre rimane più latente il diritto , questo sì reale, di un figlio a conoscere la propria madre o il proprio padre biologici e che questi possano contribuire alla sua crescita e alla sua educazione.

Nella confusione legislativa compensata da sentenze di giudici o da provvedimenti di sindaci, nella considerazione che oggi i diritti valgono più dei doveri, nel ritenere tutto ciò che è possibile non sia sempre anche lecito, nel pensare che la nascita di un figlio passi attraverso il business, forse sarebbe meglio fermarsi un attimo e riflettere. Credo che tutto ciò sia un’aberrazione che passa nel silenzio del riconoscimento dell’esistente, cioè che il  “figlio c’è” evitando responsabilità sui sistemi procreativi. I meccanismi a pagamento utilizzati con facilità sono offensivi nei confronti delle donne usate come strumento e di quei bambini ai quali si è deciso di non dare una delle due figure fondamentali per la loro crescita.

Forse, dopo molte chiacchiere eccessive fughe un avanti, regolamentare sarebbe opportuno e necessario

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